Valeria Merola
Edippo
Svincolato dai limiti della traduzione dei modelli classici, l’Edippo di Giovanni Andrea dell’Anguillara adegua la vicenda mitica al pensiero, al gusto e alla morale cinquecentesca. Inaugurando una linea di interpretazione che conoscerà numerosi rifacimenti del teatro classico, la tragedia segna un momento importante nella storia della letteratura drammatica italiana perché dà avvio a un paradigma di modernità nella ricezione del mito antico. Per quanto la critica abbia dimostrato disinteresse o addirittura rifiuto dell’opera, stigmatizzandone la mancata aderenza ai dettami della trattatistica cinquecentesca sul genere tragico e l’infedeltà alle fonti, l’opera appare degna di essere offerta ai lettori, che in essa potranno osservare una importante testimonianza letteraria e culturale.
Dell’Edippo si vuole qui proporre un’analisi che si ponga in continuità con la riscoperta dell’attività di volgarizzatore di Anguillara. La tragedia va letta tenendo presente la contaminazione della dimensione poetica con l’attrazione per la scena e la propensione verso le dinamiche della nascente commedia dei professionisti. È in questo senso che si comprende anche l’operazione che sta alla base della scrittura dell’opera, che non ha la pretesa di trasporre in volgare Sofocle e Seneca, ma usa gli autori classici come modelli da contaminare, giustapporre e aggiustare secondo l’esigenza di un nuovo teatro.