Daniela Carmosino, Francesco Rizzo
“Buone Maniere”. Iconologie, linguaggi, manierismi, antagonismi
Studi in onore di Giorgio Patrizi
In “Le parole e le cose”, Michel Foucault percorreva, con una lettura analitica, “Las Meninas” di Velasquez restituendo al grande quadro dello spagnolo la funzione di una messa in scena del sistema della rappresentazione, a cui la pittura era delegata nell’“età della rassomiglianza”, tra parole e cose. Nel Novecento inoltrato, con uno straniato omaggio a quel ritratto capace di cogliere dinamiche estetiche e sociali classiche, Pablo Picasso replicava l’universo della corte spagnola, deformandolo, con una ironia insieme drammatica e comica, in una visione dinamica e stralunata di figure, rapporti, contesti, prospettive. Una raccolta di omaggi per uno studioso poliedrico quanto costantemente attento alla riflessione sui testi e i contesti non può sottrarsi al gioco dei riflessi, delle contiguità, delle corrispondenze e delle contraddizioni. Nell’arco dei secoli, nel passaggio tra culture di antico regime, di moderno, postmoderno, tarda modernità, con l’ascolto delle voci delle immagini e con lo sguardo ai volti delle parole. Si tratta, ci dicono queste esperienze, di pensare tutto ciò come innumerevoli, imprescindibili, maniere. Quelle che mettono in scena il senso della storia, pubblica e privata, della creatività e della produzione di segni e di senso; figure di analisi e comprensione di mondi che ci circondano e ci penetrano, linguaggi espressi da interpretazioni del quotidiano come da utopie ed eterotopie. Maniere costruite dalle logiche della “buona creanza” come difesa del proprio mondo, “buone” quindi perché conforto allo scambio sociale e alla costruzione di universi estetici e sentimentali. Ma anche maniere che non esitano a diventare “cattive”, quando la lettura di ciò che ci circonda diventa riconoscimento di incubi e di fantasmi malevoli, di violenza aggressiva e prepotente. L’antagonismo come possibile risposta della letteratura e dell’arte al mondo: la messa in mora del quotidiano come rivendicazione di ciò che eccede un universo equilibrato perché censurato. Questi sono i percorsi che questo omaggio – gli studi numerosi quanto diversi che compongono una lunga collana – offre come disegno di un’esistenza di studio e di vita. Per il destinatario si ripropone quella vecchia e amata pagina di Roland Barthes, in cui si rivendica l’importanza del corteo degli amici che accompagna la nostra vita e che costituisce la folla a cui essa – la vita – si riferisce, con cui dialoga costantemente. La compagnia irrinunciabile degli interlocutori: dei docenti e dei discenti, dei modelli e degli ispiratori, degli amici fragili e silenziosi o verbosi e dirompenti. Insomma, il calore dell’impagabile esperienza – la maniera suprema – della dialettica amicale.